martedì 30 luglio 2013

Il 26 luglio 2013

Ci sono giorni nella vita di uomo che sono irripetibili e inimmaginabili, in cui la realtá supera di gran lunga qualsiasi aspettativa anche la più entusiastica e fantasiosa. Quei giorni in cui a partire dalla data all'ultimo momento ti rimane marchiato nella mente e nel cuore per il resto della vita. É successo quando è nata mia figlia, quando ho dato il primo bacio alla mia futura moglie ed è successo di nuovo il 26 Luglio 2013. L'evento in questione è Roger Waters - The wall live.. La cornice lo stadio Euganeo di Padova. Uno di quei giorni che attendi da una vita e improvvisamente arriva e ti lasci trasportare da esso.
Trovo serie difficoltà ad esprimere le mie emozioni, è un'orgia di sensazioni e di colori, una cascata di gioia, un uragano di entusiasmo e incredulitá unito all'orgoglio di poter dire: io c'ero.
Una giornata perfetta dai preparativi alla sua conclusione, quasi 24h no stop in cui la stanchezza è quasi irrilevante, anzi lo è totalmente.
Ricorderò tutto del 26 luglio, dal momento in cui Flavia e Massimo sono arrivati all'aeroporto di Bologna sino a quando li ho riaccompagnati per il viaggio di rientro.
Alle 08.00 finisco di lavorare il turno di notte, ma come dicevo prima il sonno e la stanchezza non fanno parte degli ingredienti della giornata.
Opto per t-shirt verde con serigrafia del drugo (il grande lebowski) e pinocchietto di jeans con le immancabili converse. Il mio viaggio indietro nel tempo può iniziare, data di arrivo 1979.
Arrivo all'aeroporto alle 9.10, il tabellone riporta l'aereo proveniente da Bari in orario. Atterra alle 9.18 con 2 minuti di anticipo.
Il tempo di riabbracciare fidanzata e suocero e subito ci mettiamo in auto (prestata dall'amico Giovanni Dominici, al quale va la mia eterna gratitudine per questo gesto). Sosta al primo autogrill per caffè e ripartenza destinazione Padova. Lungo il tragitto decidiamo di andare a visitare il Floydmuseum allestito per l'occasione al centro culturale moltinate di Padova dove collezionisti di tutto il mondo mettono in mostra i propri cimeli di ogni epoca. Foto, illustrazioni, giornali e riviste datate, vecchi pass e tickets e la foto con Pink, lo storico pupazzo rosa protagonista di the wall. La temperatura era pazzesca, si respirava a fatica e dinanzi a noi si prospettava un lungo pomeriggio di attesa. La voglia di vivere lo show da sotto il palco era maggiore al caldo da sopportare in fila. Per non perdere tempo e metri preziosi finita la visita al museo ci portiamo direttamente allo stadio, dove giá molte auto si trovavano all'interno del parcheggio (pagato 10€ alla faccia della crisi). Avvicinandoci all'ingresso notiamo subito la presenza sia di nostalgici dei degli anni d'oro del rock e sia di giovani che per motivi anagrafici non hanno potuto vivere certe emozioni e questo concerto rappresentava forse l'ultima occasione per assistere ad un live della più grande rockband della storia. Certo non è la formazione al completo, ma la presenza di Roger Waters, cofondatore e maggior autore degli album nonchè mente geniale che ha partorito the wall, è sinonimo di garanzia per un evento storico.
Troviamo un posticino dove poterci sedere su una stuoia: gli addetti alla sicurezza ci informano che l'apertura dei cancelli non sarebbe stata prima delle 17:30 e l'orologio segnava appena le 14:20, il sole rappresentava il nemico pubblico per le prossime 3 ore. Grazie ad un amico riesco ad ottenere il permesso di poter attendere l'ingresso sotto al boccaporto al riparo dal sole, una sfortuna sfacciata, quasi provvidenziale che ci ha salvati dalla morsa del caldo torrido e da un possibile collasso. I ragazzi della security e del servizio d'ordine stavano effettuando il brifing insieme ai responsabili e noi tre ce ne stavamo in un angolino senza dare alcun fastidio. Intorno alle 16.00 inizia il soundcheck, nessuno è autorizzato ad entrare nello stadio, inclusi i ragazzi che avrebbero dovuto lavorare ai chioschi-bar. La nostra posizione privilegiata ci permette di ascoltare bene e i primi brividi iniziarono a scorrere lungo la schiena.
La gente iniziava a mettersi in fila in piedi, l'orario dell'apertura dei cancelli si avvicinava e la trepidante attesa iniziava a crescere di minuto in minuto. Intorno a noi un via vai di persone facevano intuire che c'eravamo quasi. Alle 17:15 le prime transenne venivano spostate e i fischi e le urla dei fan diventavano sempre piú insistenti. Alle 17:25 vediamo una marea di gente iniziare a correre. Si entra!!
Appena messo piede nello stadio il primo sussulto di emozione ce lo dà l'imponente palco con il muro che lo costeggia e il cerchio al centro del palco. Nonostante fossimo sorpassati da persone impazzite che correvano a più non posso per accaparrarsi un posto sotto al palco riusciamo a sistemarci a pochi metri dalle transenne, l'asta del microfono sopra di noi e affianco un manichino vestito con la storica divisa e occhiali rayban. Sul palco si intravedevano due pupazzi giganteschi: si riconoscevano il maestro e una mantide. Sulla tribuna alla nostra destra era montato un grande aeroplano. Tutto lasciava presagire ad un grande spettacolo, ma come vi racconteró più avanti ciò che credavamo di assistere non era nemmeno un frammento di ciò che è stato. Sulle note di pezzi che hanno fatto la storia del rock lo stadio andava riempendosi e il sole iniziava la sua calata regalandoci un po' di meritata ombra. Intorno a noi c'era gente che in pieno stile hippy fumano spinelli e stuzzicavano panini e affettati in preda a fame chimica. Un membro dello staff inizia ad accordare gli strumenti e per lui i primi boati di applausi e urla ai quali rispondeva divertito salutando la folla, verso le 20.00 approfitto dell'attesa per andare in bagno e regalo a Flavia la maglietta ufficiale del tour, e lei la indossa subito con una manovra degna di una contorsionista. L'attesa si fa ancora più estenuante e man mano che la luce calava l'inizio dello show si avvicinava. Intorno alle 21.15 eravamo giá tutti in piedi, le luci blu situate sopra il palco illuminavano il manichino e anche i grandi muri erano illuminati. Alle 21.30 in perfetto orario lo speaker dello stadio invitava i presenti a non usare i flash delle macchine fotografiche e i laser per non rovinare gli effetti speciali previsti. Con mia sorpresa la civiltá e buon senso hanno prevalso e quando ormai era buio non si vedeva che la scenografia sul palco. Ecco entrare dei soldati che marciano con gli stendardi con impreasi i martelli incrociati e poco dopo ecco lui, la leggenda in persona Roger Waters sale sul palco e indossa la divisa presente sul manichino. In the flash! apre la scaletta che sará fedele all'ulbum. Subito la folla in delirio, un esplosione di energia e di emozioni incredibili accompagnati dai fuochi pirotecnici. Prima di the thin ice, Roger si rivolge a noi in un quasi perfetto italiano ringraziandoci per la presenza quando tutti noi eravamo grati ed emozionati per la sua di presenza. Lo show è un incremento di intensità e colpi di scena, dall'aereo che si schianta letteralmente sul muro, al pupazzo animato del maestro in another brick in the wall con i bambini del coro che si ribellano, alla madre in Mother che fissava tutti i presenti come la più premurosa e soffocante delle madri, alla mantide scesa durante empty spaces.
Roger è in una forma grandiosa, la voce sembra sia stata ibernata negli anni '70 per poi liberata quella sera. Affronta temi che toccano i sentimemti di tutti, come la guerra, il capitalismo e i bambini che vengono privati della propria felicità a favore degli interessi di multinazionali e signori della guerra. La pausa coincide con la fine della prima parte e molti ne approfittano per riposare la schiena e scambiare i primi commenti le prime sensazioni. Noi tre eravamo estasiati, riuscivo solo a dire parole come pazzesco, grandioso o incredibile. Flavia, commossa, non stava mai ferma, cantava a squarciagola ogni singola canzone. Durante l'intera prima parte personale di servizio hanno completato la costruzione del muro che ha finito per racchiudere dietro di esso l'intera band. Durante l'intervallo, momento di commozione per le immagini di tutte quelle persone decedute in missioni di guerra o di presunta pace.
La seconda parte inizia con Hey you! Roger non si vede, è dietro al muro. Io mi dividevo tra la follia degli assoli di un grande Dave Kilminster e la gioia di sentirla dal vivo dopo averla ascoltata migliaia di volte in cuffia. Sapendo di quanti amici sarebbero voluti essere lì con me, inizio a chiamare un po' tutti per farli sentire qualche secondo di storia. Il concerto va avanti e le emozioni si susseguono, toccando picchi in confortably numb e the trial, anche se mi sembra riduttivo parlare delle singole canzoni in quanto tutto lo spettacolo è stato leggendario, qualcosa che difficilmente rivivremo in vita nostra. É stato come assistere a uno spettacolo nello spettacolo nello spettacolo dove band, musica e scenografia si amalgamavano producendo un incredibile unico effetto. Alla fine il muro crolla, e Roger saluta tutti presentando ogni membro della band, le lacrime ormai fluevano a rotta, la sensazione che il sipario stesse calando non solo sul concerto ma sulla carriera di questa leggenda provocava forti nodi alla gola. Spariti dietro alle quinte l'intero stadio chiedeva a gran voce a Roger di uscire per un altro pezzo ma le luci che si accendevano nello stadio non lasciavano spazio a ripensamenti.
Provati ed estasiati lasciamo lo stadio quando la mezzanotte era abbondantemente passata. I 50.000 defluivano e le macchine riportavano tutti alla realtà. Il 26 luglio era passato. Con dolore lascio Flavia e Massimo all'aeroporto rientrando in caserma, poche ore dopo sarei tornato alla routine di sempre ma consapevole che nulla sarebbe stato uguale a prima.
La dimostrazione che i sogni sono il motore della vita e realizzarli con le persone che ami sono il coronamento di essa. Grazie Padova, grazie Roger, grazie Flavia per essere come sei e grazie a mio padre che mi ha trasmesso questa passione.
Questo è stato il mio 26 luglio 2013.
Come sempre let's rock!!!!